Il respingimento da parte del Tar sul ricorso del MIBAC del Piano Territoriale Regionale del Lazio ha aperto nuove prospettive per i comuni montani che non avevano fatto ricorso, in quanto tutto il piano è stato rimesso in gioco. Ora anche il Serrone che ha un grandissimo bene da tutelare, ovvero, il Monte Scalambra ha una nuova sfida da affrontare.
Ci spieghiamo meglio: il PTRG è lo strumento che regola lo sviluppo della Regione Lazio e che definisce i nuovi vincoli oltre a quelli esistenti sulle coste e sui monti. Definisce gli obiettivi generali e specifici delle politiche regionali per il territorio, dei programmi e dei piani di settore aventi rilevanza territoriale, nonché degli interventi di interesse regionale.
Questi obiettivi costituiscono un riferimento programmatico per le politiche territoriali delle Province, della città Metropolitana, dei Comuni e degli altri enti locali e per i rispettivi programmi e piani di settore.
A Serrone, dal lontano 1960, vi è la lottizzazione comunale dell’ex via dei Siculi ferma al palo. Il comune decise di vendere dei lotti di circa mille metri cadauno ad uso abitativo assegnando anche alcuni terreni, gratuitamente, a cittadini di Serrone affinché realizzassero li la loro abitazione. Alcuni hanno costruito, altri ancora non lo hanno fatto e quindi sono decaduti tutti i diritti. Ora il comune potrebbe riprendere “in mano” quella lottizzazione e fare cassa vendendo quei lotti rimasti e facendola ripartire e poi investire su tutto il territorio comunale.
Nel lontano 1963 gli amministratori comunali con il sindaco Avv. Enzo Fulli, in minoranza Candido Damizia, Patrizio Sperati, Michele Conti votarono all’unanimità l’alienazione di Monte Scalambra alla costituenda Società Stis (Società Turistica Immobiliare Serrone) con un capitale di 100 milioni di lire. Si stipulò l’atto di compravendita ed iniziò l’iter burocratico, perché allora vi era la Commissione di Controllo sugli atti amministrativi che dava l’approvazione alla delibera, insieme alla prefettura. La delibera venne inviata al Ministero dell’agricoltura e foreste, il cui sottosegretario Sen. Dante Schietroma di Frosinone ridusse i circa 500 a 270 ettari di alienazione. L’amministrazione Fulli rilasciò le licenze 140 e 144 per la lottizzazione e rilasciò anche l’autorizzazione per la costruzione del primo albergo Hotel Excelsior, con tanto di piscina e discoteca sottostante, mentre le ruspe iniziarono ad aprire le strade, come segnato sul progetto, per poter accedere sul Monte Scalambra sia nella parte brulla che nella parte alberata, ove non c’era nessuna strada.
Nel lontano 1970 vinse le elezioni comunali cavalcando la polemica di una decina di pastori che non avevano l’acqua pubblica per i loro animali Candido Damizia che revocò le licenze rilasciate da Fulli e da qui iniziò una lunga “battaglia” giudiziaria al Consiglio di Sta (ancora non era stato istituito il Tar) che portò alla sconfitta dell’amministrazione e quindi le licenze tornarono ad essere valide. Seguirono un’infinità di polemiche ma la società Stis per nulla intimorita, andò avanti con la lottizzazione, anche perché l’Enel aveva portato l’energia elettrica in tutte le parti dove era stata richiesta e la lottizzazione cominciò a prendere corpo, tanto da far scrivere ad un inviata di “Repubblica” nel lontano 1975: “che la Montagna di Serrone era una piccola svizzera”. All’hotel Excelsior nacque anche una TV privata. Tele Montescalambra canale 40 che dava notizie aggiornate tutte le sere.
Ma la “guerra” dell’amministrazione comunale contro la Stis non si fermò. Damizia venne confermato Sindaco ma non poteva governare il paese perché fu rinviato a giudizio per grane amministrative e Serrone fu governato dal facente funzioni Giuseppe Testa. Nel 1985 arrivò a dirigere l’amministrazione comunale di Serrone Sesto Damizia, grazie ad una larga coalizione politica. Nel contempo venne approvata la cosi detta legge Bucalossi, ossia la legge che prevedeva il pagamento degli oneri per chi costruisce nuove abitazioni, e partì una nuova causa in tribunale ed anche questa volta la spuntò la Stis perché la licenza era stata rilasciata prima dell’introduzione di questa legge. Sesto Damizia si barcamenò andando avanti una decina di anni. Intanto la locale DC propose un incontro negli anni 90 per cercare di trovare una soluzione alla presenza dell’assessore Regionale all’urbanistica On. Paolo Tuffi il quale si disse disposto a sanare la situazione ma era necessario un piano di perimetrazione di tutto il comprensorio che il comune non fece per mancanza di fondi e questo problema si trascinò in tutte le altre amministrazioni fino ad oggi.
Oggi ci troviamo circa 600 case quasi tutte abitate e un altro centinaio iniziate e mai finite. Senza acqua pubblica e senza fogne, ma tutte con le fosse a tenuta stagna, grazie all’intervento del Pretore di Paliano, Giuseppe De Falco (diventato Procuratore Capo della Repubblica di Frosinone, passato a Latina) che era intervenuto per salvaguardare la zona dall’inquinamento. Oggi la situazione è completamente diversa perché ci sono anche dei depuratori domestici a costo bassissimo.
Oggi non si riesce a risolverlo il problema perché questo va affrontato di petto e per mancanza di volontà politica come tutti i sindaci precedenti. Ci sarebbero vari modi per farlo. Anzitutto costituire una STU ( Società di Trasformazione Urbana) che farebbe da braccio destro operativo dell’Amministrazione Comunale, in quanto potrebbe risolvere questo annoso problema.
Gli amministratori comunali dovrebbero avere coraggio e riprendere tutto quel bene e quindi affidarlo alla STU che dovrà fare il Piano di Risanamento attraverso fondi Europei l’unico ente che con il recovery fund potrebbe finanziare. Noi, da tempo abbiamo proposto e consigliato di fare la Funivia del Cesanese che partirebbe dalle Pantana ed arrivasse fino al Santuario della Madonna della Pace (1422 mtl) con quattro salti. Funivia che avrebbe la funzione anche di acquedotto in quanto potrebbe portare l’acqua pubblica ricavata proprio dalla zona di partenza fino su al Monte Scalambra. Inoltre, abbiamo proposto di costruire sotto la Rocca dei Colonna un centro polivalente con una capienza di 200 posti, da affiancare ai nostri ristoranti che sono l’unica realtà produttiva che ancora resiste da quando è partita la lottizzazione di Monte Scalambra.
Rocca dei Colonna che è diventata finalmente Parco Archeologico ed è entrata nella Rete Regionale delle dimore, ville, complessi architettonici e del paesaggio, parchi e giardini di valore storico e storico-artistico della Regione Lazio.
Bisogna convincersi che Serrone vive di turismo e questo a nostro giudizio deve essere incentivato ecco perché c’è la necessità di elaborare un bel progetto complessivo da presentare in Europa al fine di reperire i fondi necessari per poter chiudere questa annosa vicenda e permettere al comune anche di fare cassa. Per i finanziamenti solamente l’Europa, con un progetto adeguato e che guarda al futuro, può essere l’ancora di salvataggio.
Ecco perché il Comune deve fare ricorso al nuovo piano che la Regione Lazio andrà ad approvare per tutelare meglio i propri interessi e dare sviluppo turistico vero all’intero territorio.
Giancarlo Flavi
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